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Lug 09, 2012 Terza Pagina
Il regista Ridley Scott ha realizzato nel 1982 con Blade Runner un film caratterizzato da un’atmosfera in sintonia con il gusto postmoderno dell’epoca, contenente architetture, arredi, oggetti e segni che intrecciavano liberamente epoche e stili espressivi differenti. Ma anche dove al centro della storia ci sono dei replicanti degli esseri umani che vivono solo quattro anni ma in maniera particolarmente intensa, adeguandosi a quella compressione spazio-temporale che caratterizza la fase più avanzata di evoluzione del capitalismo. Una fase dove il capitale si è fatto multinazionale e globale ed è pertanto diventato trascendente e indifferente alla vita umana. Non a caso i replicanti nel film in questione vengono realizzati mediante dei processi produttivi simili a quelli di oggi perché basati sull’esternalizzazione e la divisione della lavorazione tra diversi specialisti e differenti luoghi. I sofisticati occhi tecnologici dei replicanti, ad esempio, sono prodotti nello scantinato di un emigrato. Esattamente come i prodotti tecnologicamente avanzati delle grandi marche globali odierne.
A rendere però particolarmente sintonico con l’evoluzione sociale Blade Runner è soprattutto la rappresentazione buia e cupa che fornisce della vita urbana. La metropoli futura è dipinta come un luogo pericoloso, un incubo inquietante dove si può soltanto sperare di riuscire a sopravvivere. Gli individui sono costretti a restare chiusi dentro la società in cui si trovano, la quale è soggetta ad una situazione di profonda crisi, senza più una dinamica temporale in grado di connettere il presente al passato e al futuro. E il pericolo si nasconde come sempre nell’altro, ma l’altro adesso è esattamente uguale a noi, è un replicante che ci assomiglia in tutto e per tutto. Non ci si fida dunque più dei propri simili. Anzi, sono questi i soggetti più pericolosi, perché sono indistinguibili da noi.
Tutto ciò è ancora più evidente nella versione del film rimontata da Scott nel 1992, e cioè il cosiddetto «director’s cut», nella quale il protagonista del film, il cacciatore di replicanti Rick Deckard interpretato da Harrison Ford, è a sua volta un replicante. Pertanto, non è più possibile definire con precisione chi è l’altro e ciò rende impossibile esercitare un qualche controllo su di esso. Ne deriva una condizione in cui l’alterità può essere collocata ovunque e rappresenta pertanto una minaccia generalizzata alla quale non è possibile fare fronte.
Blade Runner ha lucidamente registrato per la prima volta che aveva cominciato a disgregarsi quel tessuto sociale comune che aveva particolarmente caratterizzato le società avanzate durante l’epoca di intensa industrializzazione sviluppatasi a partire dagli anni Cinquanta. Insomma, ciò che soprattutto il film Blade Runner mette in luce è la crisi del soggetto occidentale e della sua possibilità di comprendere il mondo e plasmarlo rispetto alla sua volontà.
Vanni Codeluppi
Docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia
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