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Giu 04, 2012 Attualità, Italia
Ho visto nina volare’s Picture from Flickr.com
In un articolo della fine degli anni Sessanta, Pier Paolo Pasolini descriveva scandalizzato le immagini che aveva appena visto in televisione nel varietà Canzonissima: «Due donne molto simili una all’altra, stavano facendo delle evoluzioni, d’una assoluta facilità, come due automi caricati a molle, che sanno fare solo quei due o tre gesti, capaci di dare una inalterabile e iterativa soddisfazione al bambino che li osserva. Due o tre mossucce idiote, incastonate in un ritmo, che voleva essere gioioso e invece era soltanto facile. A cosa alludevano quelle mossucce, quei colpetti di reni e quelle tiratine di collo? Non si capiva bene, ma certo a qualcosa di estremamente convenzionale comunque: a un’allegria collegiale e orgiastica, in cui la donna appariva come una scema, con dei pennacchi umilianti addosso, un vestituccio indecente che nascondeva e insieme metteva in risalto le rotondità del corpo, così come se le immagina, se le sogna, le vuole un vecchio commendatore sporcaccione e bigotto. Tutto ciò, che si presentava come leggero, era invece pesantemente volgare».
Chissà cosa scriverebbe oggi Pasolini di fronte al moltiplicarsi di immagini televisive che sono decisamente più esplicite di quelle che a lui apparivano così volgari. Negli schermi della Tv contemporanea troviamo infatti un’ampia varietà di corpi femminili che sono di solito giovani, nudi e fortemente erotizzati. Ma ciò che colpisce soprattutto nella televisione odierna è la grande disponibilità di corpi femminili in ogni canale e in qualsiasi ora del giorno. Dunque quell’immagine di elevata accessibilità che viene costruita per tali corpi. Ai quali fa da contrappunto un’evidente assenza di corpi appartenenti alle donne «vere», cioè alle numerosissime donne che lavorano con grande impegno fuori casa e riescono nel contempo a gestire la loro famiglia.
Certo, oggi in televisione vengono esposti anche corpi maschili giovani, belli e altrettanto erotizzati. Il fenomeno non ha lo stesso peso del precedente, ma è comunque significativo. Va considerato però che è l’intera società ad essere coinvolta oggi da un’incontrollata esposizione di corpi, anche se questo fenomeno appare evidente soprattutto nel mondo dei media e in particolare negli schermi televisivi. E ciò produce inevitabilmente delle conseguenze. Coloro che sono esposti ai modelli proposti negli schermi mediatici vengono indotti infatti a comportarsi allo stesso modo. A esporsi cioè essi stessi nei sempre più numerosi schermi video. Si tratta di quel fenomeno che ho chiamato «vetrinizzazione sociale» e che sta diventando sempre più significativo nelle attuali società ipermoderne. Le origini di tale fenomeno risalgono alla nascita della vetrina, che sembra sia comparsa per la prima volta in Inghilterra all’inizio del Settecento. Grazie a tale invenzione, i negozianti hanno potuto cercare di catturare l’attenzione dei passanti. I prodotti esposti all’interno della vetrina sono stati così sempre più spettacolarizzati e valorizzati. E tutto ciò oggi si amplifica su Internet. Dove le persone hanno l’impressione che il mettere tutto in piazza, anziché renderle più indifese e vulnerabili, crei una condivisione e una complicità con gli altri che genera sicurezza. Si sentono cioè maggiormente al sicuro perché sono connesse grazie alla Rete ad una comunità umana che sembra essere in grado di proteggerle. Ma occorre chiedersi se ciò effettivamente può realizzarsi. Se cioè aprirsi agli altri attraverso la Rete, oltre a facilitare i contatti e lo sviluppo di relazioni, non renda nel contempo le persone più vulnerabili e dunque ancora più fragili e bisognose di legami sociali.
Vanni Codeluppi
Docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia
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