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Florence and Tuscany Tours Picture from Flickr.com
Artemisia Gentileschi è stata un’indiscussa protagonista dell’arte del ‘600, ma nessuno mai lo riconobbe perché lei era una donna. Figlia d’arte, il padre Orazio era un pittore conosciuto, discendente dalla scuola caravaggesca, Artemisia crebbe in una famiglia illuminata e ricevette un’istruzione artistica altrimenti impensabile per una donna in quell’epoca. Ciò nonostante la Gentileschi, mentre era in vita, fu portata alla notorietà più per le vicende appartenenti alla sua vita privata, lo stupro che le fu perpetrato ad opera di un assistente del padre, che per la propria attività di pittrice e dovette attendere ben tre secoli perché la sua arte fosse effettivamente riconosciuta. Merito della riscoperta dell’artista è da attribuirsi alla letteratura femminista che fece finalmente notare al mondo l’influenza considerevole che la pittura di Artemisia esercitò sui suoi contemporanei.
Oggi Milano, nella sede di Palazzo Reale, le rende omaggio con una monografica che fa conoscere al grande pubblico tutta la cifra artistica di questa autrice, mostrando la maturità e la qualità del suo lavoro.
Il percorso espositivo segue un ordine cronologico e, grazie ad oltre 50 opere, ripercorre le principali tappe che hanno caratterizzato la vita di Artemisia: la formazione e i primi anni romani, il periodo della maturità vissuto tra Firenze, Roma e l’Inghilterra e l’ultimo ventennio della sua vita trascorso a Napoli, fino alla morte avvenuta nel 1653.
Nella pittura di Artemisia c’è molto del suo essere donna. Le sue celebri reinterpretazioni del tema di Giuditta e Oloferne, emblema della forza e dell’astuzia femminile capace di sopraffare l’uomo, ne sono un chiaro esempio. Le versioni della Gentileschi sono pezzi di virtuosismo in cui la pittrice appare molto consapevole della sua capacità attuale. I suoi lavori sono sorprendentemente vicini alla maestria di Caravaggio per l’importanza data all’uso dei toni scuri, ai giochi di luce e per quella naturalezza quasi cruda delle figure ritratte, vicende bibliche che paiono fotografie di spaccati della vita quotidiana del popolo della società seicentesca. Scene crude e vere trattate con estremo realismo senza paura di oltraggiare l’occhio dell’osservatore, come avviene nelle diverse riproduzioni della Betsabea al bagno. Artemisia fu conosciuta più per la sua vita avventurosa e libera, che con coraggio sfidava le convenzioni e costituiva un esempio di emancipazione inconsueta per una donna del suo tempo. Ma lei era essenzialmente una pittrice e amava quello che faceva. A tal punto il dipingere costituì l’autentica passione della vita di questa donna, che ella volle ritrarsi allegoricamente come La pittura. In questa vigorosa tela l’artista rivendica a se stessa la forza e la risolutezza che normalmente attribuiva ai suo soggetti, alle modelle, una vera rarità per un autoritratto. La sua fiducia nella propria levatura era giustificata.
Per chi volesse ammirare da vicino l’arte di Artemisia Gentileschi fino al 29 gennaio 2012 Palazzo Reale a Milano ospita “Artemisia Gentileschi. Storia di una passione” a cura di Roberto Contini e Francesco Solinas.
Barbara Pellegrini
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