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Ott 15, 2011 Attualità, Italia
brixton21’s Picture from Flickr.com
Non sempre l’operazione di portare nelle sale un best seller letterario è una mossa apprezzata dalla critica e dal pubblico: genera fraintendimenti e, spesso, molti lettori rimangono delusi dalla riproposta cinematografica.
Leggere un romanzo, ci porta ad entrare in simbiosi con i personaggi e quasi ce li immaginiamo, anche quando sono ben descritti dall’autore, secondo i nostri canoni personali.
“La solitudine dei numeri primi” ha creato non pochi malumori nei lettori entusiasti del romanzo vincitore del Campiello 2008, nel riviverlo sotto forma di pellicola cinematografica. Una vera e propria débacle.
Questo é accaduto anche a: “Quando la notte”, della Comencini, che alla presentazione del film alla Mostra del Cinema di Venezia si è ritrovata con una poco simpatica colonna sonora di sottofondo fatta di risate, mugugni e fischi del pubblico in sala.
Per esempio, il pur bravo Filippo Timi, è lontanissimo dall’idea di rappresentare un montanaro burbero avanti con l’età e anche indurito dalla vita e dalle sue tristi esperienze, così come appare nel romanzo.
E così, ogni lettore vede il suo personaggio perdere le sembianze che gli aveva dato, nel momento in cui lo leggeva, lo viveva, lo faceva suo. Il romanzo, ovvio, e anche il personaggio.
Nel film non sembra di poter (ri)vivere i turbamenti, le emozioni e i sentimenti controversi che animano personaggi così diversi l’uno dall’altro, ma così incredibilmente legati ed attratti come due magneti: Alice e Mattia da una parte e Manfred e Marina dall’altra.
Sembra proprio una mission impossible.
E così nel film ti sembra di assistere a qualcosa di diverso e hai come la sensazione che ti stiano portando via qualcosa, o di assistere malinconicamente ad una storia copiata male e rappresentata peggio.
Poi per la verità, esistono le eccezioni, come sempre d’altronde.
Ma nel caso de: “La solitudine dei numeri primi e di: “Quando la notte”, i lettori hanno compreso bene come un film possa farci dimenticare il romanzo che tanto abbiamo amato, nel tentativo un po’ goffo ed impacciato di riproporre suggestioni ed atmosfere che non riescano ad uscire dai confini di quelle pagine, come se quelle emozioni fossero rimaste imprigionate dentro al libro.
Non vorremmo che la riproposta cinematografica di un Romanzo, servisse essenzialmente per due motivi: il primo è che nel nostro Paese è più facile trovare chi va al cinema, rispetto a chi va in libreria.
Il secondo è che la crisi creativa ha colpito anche i registi e risulta più facile riproporre tel quel un fenomeno letterario che, come detto in precedenza, non è comunque esente da rischi.
Il flop è in agguato e la cosiddetta buccia di banana può far scivolare anche chi credeva di essere in una botte di ferro.
Norman di Lieto
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