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Set 08, 2011 Attualità, Italia
Nelle società contemporanee, cresce la tendenza ad adottare per il corpo quella stessa legge della variabilità che da tempo guida il funzionamento della moda e del consumo in Occidente. Il che comporta che il corpo umano venga sempre più liberamente manipolato da parte degli individui. Certo, la prassi di ricorrere ad artifici per migliorare il proprio aspetto fisico non è recente. Si inscrive in una tradizione di artificializzazione del corpo che è probabilmente vecchia quanto l’umanità. Ciò che è cambiato oggi è il livello di diffusione e dunque di accettazione da parte della società. Quello che nei secoli scorsi era un fenomeno riservato ad una ristretta élite aristocratica, sta diventando un vero e proprio fenomeno di massa.
Quello che accade è paradossale, perché il corpo umano oggi non è più quell’indispensabile strumento di lavoro che era in passato e dunque non necessiterebbe di così tante cure. Invece, quanto più è divenuto inutile sul piano pratico, tanto più si è trasformato in oggetto di un processo di “feticizzazione” nel quale viene venerato ossessivamente per il suo aspetto esteriore, anziché per la sua capacità di svolgere delle funzioni. Probabilmente, ciò è dovuto anche a quel processo di crescente smaterializzazione del corpo che viene determinato oggi da una vita sociale condotta sempre più all’interno delle reti telematiche e comunicative. Processo che sviluppa per reazione il bisogno di fisicità, il bisogno cioè di sentire il proprio corpo e di esibirlo agli altri.
L’ampia circolazione che ha avuto negli ultimi anni un modello basato sulla manipolazione del corpo consente oggi una crescente accettazione sociale di uno stato di variazione permanente del corpo stesso. È lo stato del corpo flusso, ovvero un corpo che non ha confini, né identità fisse. Si confonde pertanto sempre più con l’esterno, instaurando con esso una continua attività di scambio di messaggi.
Il modello del corpo flusso rappresenta una drastica frattura rispetto alla storia secolare della cultura occidentale. Esso, infatti, non considera il corpo, come nella tradizione occidentale e cristiana, un qualcosa che è dato una volta per tutte, una realtà scissa da tutto il resto, bensì un prezioso alleato per ottenere una soddisfacente definizione dell’identità individuale sulla scena sociale.
La stessa bellezza era considerata in passato un dono immutabile di Dio o della natura, mentre da tempo ha cominciato ad essere vista come un risultato ottenibile attraverso un elevato impegno profuso da parte dell’individuo. Si costruisce autonomamente e ci si deve sforzare per ottenerla. Tutti dunque possono diventare belli, purché lo vogliano.
Vanni Codeluppi
Docente dell’Università di Modena e Reggio Emilia
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