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Ago 17, 2011 Cosa bolle in Pentola
Dal palco, alla Rete, al palco nuovamente – il tutto in un crescendo di fama e di seguito. Lorenzo Scuda, Francesca Folloni, Davide Calabrese, Graziana Borciani e Fabio Vagnarelli, al secolo il gruppo teatrale degli Oblivion, sono una delle realtà artistiche più originali e interessanti dell’odierno panorama italiano, oltre che la dimostrazione che un uso insieme intelligente e proficuo di Internet è possibile.
Buona parte del merito del loro successo va niente meno che ad Alessandro Manzoni: è stato infatti grazie ad una parodia musicale de “I promessi sposi”, dalla rigorosa durata di dieci minuti esatti, che gli Oblivion hanno rapidamente conquistato i favori della importantissima platea dei navigatori telematici. Dopodiché nulla è stato più lo stesso: gli Oblivion sono arrivati a portare le loro opere sul prestigioso palco televisivo della trasmissione “Zelig” (come la messa in scena e in musica delle tragedie di Shakespeare in 6 minuti, con tanto di cronometro digitale sullo sfondo), e c’è da credere che siano destinati a crescere ancora.
Ne abbiamo parlato con i diretti interessati.
Cominciamo dal nome, “Oblivion” – come e perché è stato scelto?
La verità è che non lo abbiamo scelto noi. Oblivion era il nome della nostra associazione culturale con la quale abbiamo organizzato i primi spettacoli e laboratori. Il nome è ispirato al celebre tango di Piazzolla. Da qui sempre più di frequente hanno iniziato a chiamarci “gli Oblivion” e ce lo siamo tenuto. Poi tanti si sono avventurati a trovare significati più o meno nascosti a questa scelta. Oblivion perché tiriamo fuori dall’oblio una serie di vecchie canzoni, Oblivion perché è l’anagramma dei nostri nomi (Graziana, Davide, Francesca, Lorenzo, Fabio), Oblivion perché è un incantesimo di Harry Potter. Ognuno può dire la sua.
Una delle prime cose che si notano nei vostri lavori è l’equilibrio tra i componenti del gruppo, i quali ciascuno con le proprie caratteristiche integrano un meccanismo artistico ben funzionante. Questo risultato è stato raggiunto grazie ad “affinità elettive” o tramite una scelta oculata dei vari membri? In tal senso quanto peso hanno avuto i diversi percorsi professionali personali?
Diciamo che ci siamo trovati intorno all’entusiasmo per questo progetto, per una certa modalità di fare comicità. Una comicità elegante, senza volgarità esplicite ma che si concede diverse bordate proprio grazie al utilizzo dell’esercizio di stile. Ci piace molto tenere un piede nell’olimpo della cultura e uno nel fango. E poi anche una passione innegabile per delle sonorità vintage che richiamano le armonizzazioni e i ritmi di qualche decennio fa. In più siamo gli unici cinque che riusciamo a sopportarci tra di noi.
Siete soprattutto conosciuti per le vostre parodie in forma musicale di celebri storie, ed è con piacere che si nota in esse una particolare attenzione all’intreccio delle diverse musiche. Per tale lavoro vi avvalete di collaboratori esterni od è anch’esso interamente farina del vostro sacco? Quanto peso date alla dimensione prettamente musicale, nel vostro essere un ensemble da palco teatrale?
Tutto quello che va in scena è scritto da noi. Le idee, gli spunti nascono nei momenti di follia comune e poi parte la macchina operativa. In particolare Lorenzo Scuda cura la parte musicale, quindi composizione e arrangiamenti, e insieme a Davide Calabrese poi scrive i testi dei nostri materiali. Dopo questa prima fase di elaborazione su carta capiamo insieme se il materiale ci sta addosso e poi parte la fase produttiva (ad esempio per le parodie) che significa arrangiare il tutto per un’orchestra e andare in studio con una decina di musicisti a registrare le basi musicali. Una volta pronta la base iniziamo a fare delle prove vocali con particolare attenzione alle armonie. Poi si mette il pezzo “in piedi” e lì tutti e cinque collaboriamo alla messa in scena curando un po’ tutto; dalle coreografie, ai costumi, al disegno registico. Dopo tutto questo lavoro di solito andiamo in ferie in cinque continenti diversi.
Opere artistiche di genere simile al vostro erano già nel catalogo di gruppi del passato quali il Quartetto Cetra, che figura in primo piano tra le vostre influenze. Ritenete di porvi in continuità sul medesimo filone o di poter portare degli elementi nuovi nel panorama del teatro musicale?
I Cetra sono assolutamente i nostri maestri insieme ad altre realtà che amiamo molto, come ad esempio i Monty Python. Cercando di coniugare l’eleganza dei primi e la follia dei secondi stiamo trovando un nostro linguaggio originale. C’è da dire che rispetto ai Cetra, per esempio per quanto riguarda le parodie, noi abbiamo una quantità enorme di canzoni in più da parodiare, tutte quelle degli ultimi 25 anni per intenderci. Inoltre a noi piace comunque mantenere uno sguardo anche sulla realtà che stiamo vivendo, sulla società e, perché no, a volte anche sull’attualità. Poi il fatto che noi produciamo opere artistiche e abbiamo un catalogo lo spiegate voi a Leonardo da Vinci.
Enrico De Zottis
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