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Mag 14, 2011 Attualità, Italia
Giovani e memoria sono due parole che per definizione, tendono a essere per forza distanti ideologicamente, almeno sul piano teorico. I primi, spesso talmente di corsa da non aver nemmeno il tempo per fermarsi a pensare; la memoria invece, è risaputo sia tipica di chi ormai il tempo lo usa per pensare ai bei tempi andati. Il passato, ovvero le origini da cui nascono le feste
Nell’anno del centocinquantenario dell’unificazione, tra il 17 marzo e il 2 giugno, l’Italia sempre più divisa si trova e si è trovata ad affrontare festeggiamenti di quelli importanti, passando per la Festa della Liberazione, dei lavoratori e appunto, della Repubblica. Proprio i continui battibecchi all’interno della classe politica hanno portato tutto lo stivale, dai bar di paese ai crocchi sulle strade, a prender posizioni spesso drastiche su feste che dovrebbero essere tesoro della nostra storia nazionale. Da qui, da queste continue divisioni, nasce il bisogno di ripartire, recuperando un’unità socio culturale anche in previsione futura, facendo partecipare i giovani, non perché “scaldino i banchi” o le sedie di queste commemorazioni, ma per coinvolgerli, spiegando loro che il primo maggio non è un ponte per andare al mare ma una festa ottenuta e nata dal sangue dei lavoratori. In queste settimane, mentre le piazze del 25 aprile si riempivano per metà di vecchi reduci e di pochi volontari, mentre sempre meno trattori occupano le strade del primo maggio, viene spontaneo chiedersi come fare affinché non si perda questa memoria, garantendo un futuro alle nostre istituzioni. Com’è possibile dare una cultura e inculcare valori a questa generazione figlia di Amici e di Saranno Famosi? Le commemorazioni sono spesso disertate, furbescamente boicottate e strumentalizzate persino da chi dovrebbe trarne giovamento, ovvero i partiti politici. Per alcuni non doveva esser celebrata l’unità nazionale e per altri il primo maggio era una domenica come un’altra in cui fare soldi con le attività. Dove arriveremo di questo passo, se le istituzioni latitano e le scuole mancano?
Spesso le stesse televisioni , oggigiorno gli (dis)educatori più influenti, non hanno tempo e tantomeno interessi a indottrinarci sull’origine di queste feste, evitando di introdurre argomenti seri che possano stimolare le nostre teste. Come possiamo allora pretendere che la gente festeggi senza saperne il significato? Le soluzioni potrebbero essere molteplici, ma forse utopistiche. Campagne pubblicitarie, comizi, opuscoli e programmi televisivi sarebbero idee semplici, se si volesse. Noi ci limitiamo a pensare ad un ironico “gioco delle conseguenze”, una riflessione facile e veloce, e spesso chiarificatrice. Cosa sarebbe l’Italia se non fosse stata unita da Mazzini e dai mille garibaldini? Cosa sarebbe stato di noi se Badoglio non avesse firmato l’armistizio l’8 Settembre? E se non fossero morti quegli undici uomini a Portella Della Ginestra, avrebbero gli stessi diritti oggi i nostri lavoratori? E se il due Giugno 1946 avesse vinto la Monarchia? Se le donne non avessero potuto votare com’era stato fino a quel momento?
La Storia non è mai stata scritta con i se, è vero, ma pensando alle conseguenze di queste domande forse a qualcuno verrà più voglia di spiegare a quelle generazioni, quelle che dovrebbero essere con noi nelle piazze, perché bisogna festeggiare queste giornate.
Davide Angeli
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