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IL POSTO DOVE ANDARE: ZEN, Milano
Andreanix's Picture from Flickr.com
A due passi da piazza Missori e da corso di Porta Romana, ma anche a pochi passi dalDuomo c’è un ristorante giapponese con una storia decennale. Gestito da giapponesi, propone una cucina ormai ben nota agli Italiani e sempre di gran moda all’ombra della Madunina. Ma cucina a parte, il locale si distingue per lo spazio che ha sempre offerto agli artisti, pittori e scultori, con mostre che ogni mese si rinnovano, rappresentando per Milano un punto diriferimento per mostre mai banali e di buon impatto.Di recente due artisti, in particolare, hanno caratterizzato con le loro opere gli spazi dello Zen. Il primo, Carlo Oberti è attivo da molti anni e da tempo ha trovato la sua poetica con quadri-sculture dominati dal bianco e dall’inserimento di elementi colorati (palline, ampolle, ecc) che creano una suggestione che ispira silenzio e pulizia, luce e riflessione.
In questi giorni, invece è in cartellone una mostra di Andrea Cereda, artista originario della provincia di Lecco, che ormai da alcuni anni ha messo a punto una poetica fatta dall’assemblaggio di materiale che ricicla e lavora, recupera e lega con l’ausilio del ferro e delle saldature. Il risultato sono sculture di forme e fogge diverse che attirano lo sguardo del visitatore per la loro forza, per la loro ricca povertà, per un linguaggio che arriva a volte anche con la violenzadell’industria che abbandona e butta via ciò che non serve. La mostra si intitola “La pazienza del tempo” e all’artista chiediamo una sua opinione sui locali , tipo i ristoranti, che ospitano l’arte. Ci risponde così: “Credo che ormai, dati i tempi, in cui si cerca attraverso i tagli alla cultura, di negare il valore che l’arte può avere nella vita delle persone, è sempre più difficile portare il pubblico alle mostre. Ben venga allora la soluzione di portare la gente in posti dove già va, per vedere le mostre e le opere degli artisti dei nostri giorni”. Non possiamo far altro che essere d’accordo.
Eleonora Dafne Arnese
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L’Editoriale – di Mauro Pecchenino
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