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Fattore rugby
pallotron's Picture from Flickr.com
Da un po’ di tempo a questa parte il Rugby è di grande attualità. Sarà la parabola declinante del calcio afflitto da volgarità e violenza, sarà che siamo alla ricerca di emozioni vere, sarà che in tempi di gusti sessuali sempre più confusi, gli statuari fisici degli atleti ci rimandano ai gladiatori di un tempo, ma il Rugby, nonostante non abbia al suo attivo vittorie significative, si sta facendo sempre più popolare e trascinatore.
Questione di moda? Voglio sperare di no…
A guardare la sua filosofia sembra di parlare di un altro Mondo, di un’altra Era.
Pensateci bene: in quale contesto sportivo, politico e sociale troviamo un approccio alla gara dove: vincere non è tutto, la squadra è più importante del singolo, gli avversari e l’arbitro sono sempre applauditi all’uscita dal campo? Andare allo stadio oggi o in qualche “palazzetto caldo” te ne esci ricoperto di insulti con l’autostima sotto i tacchi.
Per non parlare del “terzo tempo”, dove i tifosi condividono coi giocatori il dopo-partita tutti insieme, in divertimento ed amicizia. In un momento sociale dove la violenza fisica e verbale impera, ecco che il Rugby, così come altri sport meno inflazionati, si fa promotore di una metafora vincente spendibile anche nelle aziende moderne e coraggiose che vogliano veramente passare oltre quella forma marziale, spesso ipocrita, del “siamo i numero uno”, i clienti sono da spolpare quanto possibile, la concorrenza non esiste se non è sleale. La riscoperta e la conoscenza dei fondamenti del nobilissimo gioco del Rugby sembrano far intravedere una nuova idea di società dove aggrapparci, nuovi ideali che aiutano a farci capire che si può essere persone tenaci ma corrette, forti ma leali, decise ma responsabili. Ed anche se la visibilità dei giocatori è passata attraverso il solito inflazionato calendario, per la prima volta la sostanza del gioco sta vincendo sulla forma… seppur gradevole.
Barbara Fontanesi
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L’Editoriale – di Mauro Pecchenino
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