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Ott 05, 2010 Terza Pagina
Beat Nik’s Picture from Flickr.com
Figlia di un pittore e di una ceramista, Francesca Woodman ha respirato arte fin da bambina tra le mura domestiche, dimostrando già a 13 anni una passione ed un talento per la fotografia che si spensero purtroppo presto con la sua morte avvenuta a soli 22 anni. Ingredienti dei suoi lavori sono il bianco e nero e la scelta di utilizzare esposizioni lunghe o la doppia esposizione, perché Francesca voleva partecipare attivamente a tutte le fasi della creazione della fotografia, dall’esserne il più possibile artefice durante nel momento dell’impressionamento della pellicola, fino al proporsi come presenza costante quale oggetto dell’immagine. E proprio questo dato ci colpisce, l’ossessiva voglia dell’artista di essere protagonista a 360° delle sue foto, quasi come se l’immagine costituisse per lei un luogo in cui compiere un’accurata autoanalisi, in cui dialogare con il proprio io e cercare di comprenderlo. I suoi lavori non sono altro che una manifestazione fisica su carta impressionata di tutta la sua fragilità e irrequietezza, quelle stesse caratteristiche che la portarono a togliersi prematuramente la vita, immediatamente dopo aver pubblicato la sua prima ed unica collezione di fotografie, dall’emblematico titolo Some Disordered Interior Geometries (Alcune disordinate geometrie interiori). La sua è una fotografia intensa, passionale, profondamente umana, che elegge il corpo e la fisicità come simboli per un viaggio interiore e profondamente psicologico. Nudo, vestito, in movimento, immobile, coperto con pudore o ostentato con forza, immerso in uno spazio con cui spesso si fonde, evanescente come un fantasma….il corpo è infatti l’assoluto protagonista dell’arte di Francesca Woodman. L’artista prende i corpi e ci gioca, li deforma, li maschera, li nasconde, li immerge nel mondo circostante (spazi chiusi o natura) con cui li fonde e li fa dialogare con effetti il più delle volte eccellenti. Spesso è lei stessa ad essere soggetto dei suoi lavori, spesso lo è l’amica di sempre, la fotografa Sloan Rankin Keck e il compagno Benjamin Moore.
È possibile apprezzare da vicino l’arte di Francesca Woodman a Milano presso il Palazzo della Regione fino al 24 ottobre. Curata da Marco Pierini e da Isabel Tejeda e realizzata dal Comune di Milano in collaborazione con SMS Contemporanea di Siena, l’Espacio AV di Murcia (Spagna) e l’Estate di Francesca Woodman di New York, la mostra si articola in un percorso composto da 116 scatti, per lo più di formato molto piccolo. All’interno della mostra è allestita per l’occasione anche l’installazione «Swan Song» (La canzone del cigno) realizzata dall’artista a Providence (nel 1978) e costituita da 5 fotografie di grande formato che dialogano nello spazio e che, sfruttando le caratteristiche architettoniche del contesto, costringono il visitatore ad attivare una particolare dinamica della visione. Alla ricca selezione fotografica, si affiancano cinque testimonianze video del lavoro performativo dell’artista. Un intenso percorso espositivo che ne ripropone il valore della Woodman attraverso le sue opere più significative, quelle degli anni della scuola pubblica a Boulder, dell’Accademia di Belle Arti, del periodo romano, delle giornate newyorkesi e dei soggiorni tra la natura incontaminata della MacDowell Colony nel New Hampshire.
Barbara Pellegrini
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