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Set 12, 2010 Cosa bolle in Pentola
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Quanti sono i modi per vivere la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica? Giunti alla 67^ edizione, con una denominazione che ha attraversato i prodromi d’epoca fascista, il dopoguerra del neorealismo, gli anni della contestazione ed rilancio degli Ottanta, la Mostra si lascia osservare nei più disparati modi.
Vi è – come negarlo? – l’occasione di visibilità, per star e starlettes, declinata in feste o meglio party che alla media di due al giorno – uno al Lido ed uno città – rappresentano l’occasione mondana e festaiola della dieci giorni veneziana. Un dispiegarsi di glamour e visibilità di assoluto rilievo, per chiunque abbia qualcosa da proporre al mercato cinematografico e televisivo nazionale. Yacht faraonici alla fonda in Riva de’ Schiavoni, lussuose location per meeting notturni tra il Canal Grande e Rialto, e via discorrendo.
Ma è soprattutto al Lido che plastica è la figurazione dei mille volti della festa. Il vip-watching si scatena dalle 18.30 alle 20, in tempo per assistere al red carpet, dove il muro di fotografi si staglia fronte-mare, e dove attori, attrici, registi e top dei produttori vengono portati a bordo di splendide Lancia Delta nero lava sino al tappeto rosso, dove un’attenta – e severissima – regia, ne gestisce la tempistica d’avvicinamento. All’ingresso dell’ultima celebrità nel Palazzo del Cinema (i cui lavori proseguono, lasciando sul Lungomare le tipiche strutture da cantiere, probabilmente inimmaginabili a Cannes o Berlino), il pubblico degli autografi, delle foto dal cellulare e delle macchinette digitali, sciama veloce, discretamente deluso, commentando le toilettes delle signore più alla moda, verso i bus che riporteranno all’imbarcadero di S.M. Elisabetta.
Ed è a questo punto che torna protagonista l’amante appassionato del cinema, che sin dalla mattina sta frequentando rassegne e proiezioni, nelle varie sale dislocate su questa lunghissima lingua di sabbia tra mare e laguna. Veloce mangia un panino nei pochi negozi di alimentari aperti, oppure nelle costose pizzerie, e si precipita al Palabiennale, dove con 18,50€ è possibile visionare due proiezioni consecutive.
A chi scrive è capitato di essere a Venezia nella sera del 3 settembre, quando protagonista è stata la pellicola vincitrice del Leone d’oro, “Somewhere” della regista americana Sofia Coppola, figlia del Francis Ford e apprezzata soprattutto per Lost in translation (2003) che pure le valse il premio Oscar. Il film racconta della agiata ma fondamentalmente atona vita di Johnny Marco (il bravo Stephen Dorff) che attor giovane apprezzato e ricco, vive i periodi – si immagina tra un film e l’altro – girando in Ferrari, vivendo fugaci e incolori storie di sesso, con una stanchezza che l’attore bene rende, grazie anche a dialoghi rari, e rarefatti. Ad un certo punto, arriva la teenager Cleo (Ellen Fanning), figlia avuta dalla moglie con la quale la relazione è da tempo interrotta che affida al marito (ex?) la ragazzina per qualche tempo. Ed è la riscoperta della relazione padre-figlia, tema forse abusato ma qui reso con straordinaria delicatezza, il perno sul quale ruota il resto del film. La lenta crescita di consapevolezza della propria paternità, ridà un ruolo al di fuori del fittizio delle scene a Johnny. Ma una nuova separazione arriverà di lì a poco, con effetti imprevedibili per l’attore.
Il film, pur scontando una qualche lentezza, narra con sensibilità temi universali – vita, rapporto coi genitori, rapporto di coppia ecc. – ma non affonda mai il colpo: rimane sempre ad un passo dall’indagare, affrontandoli, i nodi che propone allo spettatore. Ma forse è proprio questo l’intendimento della regista, che non vuole probabilmente dare una chiave di soluzione alle angosce del protagonista, affidando a chi vedrà il film giudizi e riflessioni.
A seguire, fuori concorso, si è visto “Reign of Assassins”, piccolo gioello di kung-fu movie ambientato nella Cina medievale, regia di Chao Bin Su e produzione (e forse qualcosa di più) di John Woo, premiato proprio quest’anno con il Leon d’Oro alla carriera. La tortuosità in alcuni passaggi della trama non scoraggi, si coglieranno con efficacia elementi visivi e sonori ai quali il presidente della Giuria di questa edizione, Quentin Tarantino, sapientemente attinge per i propri film (Kill Bill su tutti).
La sensazione, finale, del visitatore, rimane una: la necessità di questa Mostra, per il cinema, ma anche – o soprattutto? – per un pubblico attento, curioso, voglioso di esplorare e capire. Un pubblico che – perdio – esiste in buon numero anche in Italia, e che va nutrito.
Matteo Belloni
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