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Mag 06, 2010 Cosa bolle in Pentola
Gualtiero Marchesi è un’icona del nostro tempo, d’altronde un cuoco il cui nome, leggermente variato (Gualtiero Barchesi), è addirittura apparso in una striscia di Topolino non può che valicare gli angusti confini di un ristorante e volare alto.
La Storia di Marchesi parte da lontano, il nostro celebre chef, ma lui ci rimbrotterebbe subito chiedendo di esser chiamato all’italiana, solo cuoco, ha da poco festeggiato gli 80 anni e si è fatto un regalo, anzi ci ha fatto un regalo con una mostra visitabile al Castello Sforzesco fino al prossimo 20 giugno: STORIAE D’ITALIA GUALTIERO MARCHESI E LA GRANDE CUCINA ITALIANA.
Confesseremo subito di esser partiti prevenuti, a causa di alcune recensioni poco lusinghiere lette qua e là nella rete; temevamo la sola, peggio, temevamo di esser assaliti da fiumi d’inchiostro di retorica, da testi verbosi e pretenziosi e forse, in parte, chi ha curato la mostra questo rischio l’ha corso e si è lasciato un po’ sopraffare dal mito di Marchesi, con una celebrazione che, e qui concordiamo con chi ha fatto questa affermazione, “è una mostra che non c’è” o meglio, aggiungiamo, “che ancora non c’è del tutto”.
La critica è lecita ed è dovuta al fatto che la mostra (che c’è e raccomandiamo vivamente ad addetti ed appassionati di visitare), vuol esser un’anteprima, un lancio di una serie di iniziative che verranno e forse il senso d’incompiutezza che ha disturbato taluni è il vero elemento negativo.
La mostra c’è e racconta la visione di Marchesi, un cuoco anomalo, diventato celebre non solo perché è stato bravo a far da mangiare ma, perché ha saputo interpretare nella sua professione tutto ciò che il mondo gli metteva davanti.
Artisti, letterati, grandi giornalisti frequentavano il ristorante dei suoi genitori, l’Albergo Mercato, e lui apparteneva a questa classe culturale e trasfondeva nella sua arte culinaria tutto ciò che assorbiva da queste compagnie.
La mostra è uno squarcio sulla nostra storia recente vista dalla cucina, un percorso saporito e colorato, grazie alle numerose immagini di celebri piatti che hanno segnato le diverse epoche attraversate da Marchesi, una scoperta di quali di questi piatti, pensati in anni ormai lontani, siano ancora oggi un must, a dimostrazione della lungimiranza di questo cuoco italiano, che ancora oggi è il più famoso al di fuori dei nostri confini.
Abbiamo un ricordo personale di una cena il cui menu era composto di sue ricette ideate negli anni ’80, alcuni piatti, alcune contaminazioni, sono in uso ancora oggi o meglio, a dimostrazione di quanto Marchesi fosse avanti, solo oggi.
Non solo foto di piatti, ma stoviglie ed utensili disegnati negli anni per aziende importanti, come la Villeroy & Boch o le coltellerie Berti, oggetti pensati per funzionalità vecchie e nuove.
Tanti premi, quadri di amici pittori, sculture e nell’ultima sala una chicca, un riconoscimento che Gualtiero Marchesi, molto attento all’educazione delle generazioni di allievi che ha formato (tra l’altro è rettore di ALMA, la scuola internazionale di cucina italiana di Colorno), ha voluto dedicare alla storica Scuola Alberghiera di Stresa.
Alcune Tavole del Capitano Ricci, un artista vissuto sul Lago Maggiore nel dopoguerra, il quale disegnò queste illustrazioni al fine di descrivere tutti gli aspetti della professione legata all’accoglienza. Un’opera che oggi definiremmo Wall Marketing, perché da allora tutte le Tavole sono esposte nei corridoi dell’Istituto Alberghiero E.Maggia, affinché le generazioni di allievi che ne hanno frequentato i corsi assorbissero i concetti quasi senza accorgersene, solo per “trasfusione ambientale”, insomma, un genio della comunicazione.
Crediamo,quindi, che valga la pena superare la comprensibile sensazione di eccesso agiografico che ci si immagina di affrontare, entrando nei sotterranei del Castello Sforzesco, dove è allestita la mostra e, se si ama la nostra cucina, guardare questa mostra con occhi affamati di cultura.
Storia d’Italia, Gualtiero Marchesi e la grande cucina italiana, sale Viscontee, Castello Sforzesco, aperta fino al 20 giugno 2010, dalle 9:00 alle 17:00, chiuso il lunedì.
Aldo Palaoro
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