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Apr 15, 2010 Attualità, Italia
I rumors arrivano da Bruxelles, una riforma delle pensioni di stampo europeo che valga su tutti gli Stati membri dell’Unione.
Di che cosa si tratta?
Semplicemente della possibilità di considerare l’estensione dell’età pensionabile a 70 anni, una decisione comune che valga per tutte le tipologie di attività lavorativa e, allo stesso tempo, che entri in vigore in ogni Paese della Comunità.
La proposta, non ancora confermata, pare sia stata ventilata da Silvio Berlusconi in colloqui informali con altri Premier europei ( Corriere della Sera Economia del 12 aprile ).
Questo per far fronte alla situazione drammatica in cui verserebbero le casse esangui dei vari Stati membri nel pagare le pensioni.
Allo stesso tempo, l’aumento della disoccupazione e la crisi finanziaria in cui verserebbero le Banche e gli istituti di assicurazione, promotrici dei fondi di investimento integrativi privati, al punto da non poterli onorare, hanno portato a pensare a questa soluzione drastica.
Una scelta difficile da accettare in qualsiasi Paese, qualunque sia il Governo deciso a proporla.
Così potrebbe risultare più semplice far digerire una cattiva medicina ai cittadini se la decisione fosse presa dall’Unione Europea nei confronti di tutti gli Stati membri, lasciando ai Governi nazionali l’arduo compito di procedere con una semplice risposta, di garibaldiana memoria: “Obbedisco”.
Ora la questione delle pensioni è una materia molto delicata.
In primis perché dopo pagamenti regolari di natura trentennale effettuate dai lavoratori alla previdenza sociale, la rendita che veniva garantita risultava inferiore e, di molto, a quello che era stato effettivamente versato nelle casse degli Enti che gestivano i fondi stessi.
Negli anni Ottanta e Novanta, gli anni del Debito pubblico galoppante, sono stati creati mostri difficili da comprendere ancora oggi.
Le baby pensioni sono state uno dei primi procedimenti masochisti che, in tempi di grande crescita economica, sembrava un’operazione possibile, in un’Italia che iniziava pian piano a disperdere il benessere che si era faticosamente costruito.
Oggi pensare che qualsiasi attività di lavoro io svolga, dall’operaio al magistrato, dal minatore al giornalista, dal camionista al magistrato, l’età pensionabile debba essere comune a tutti, sembra oggettivamente una scelta incomprensibile.
Da sempre le parti sociali evidenziano come si debba riconoscere una sostanziale differenza tra lavori usuranti e lavori non usuranti, tra lavori manuali e lavori di concetto, tra lavori che posso iniziare a svolgere dopo aver concluso le scuole dell’obbligo e lavori che posso aver iniziato a più di 30 anni ( vedi professioni, dove oltre la laurea, occorrono anni di specializzazioni, tirocini e praticantati vari ).
Inoltre è innegabile come alcune tipologie di lavoro possono davvero essere svolte tranquillamente anche oltre i 70 anni ed altre che, sovente, dovrebbero potersi concludere dopo 35 anni di contributi, qualunque sia l’età anagrafica.
Oggi, con le varie riforme che sono state fatte, da quella molto valida del 1995 varata dal Governo Dini, a quelle ultime che riguardavano la possibilità di spostare il proprio TFR nei fondi pensionistici di categoria, sembra che sia un continuo alzare l’asticella e rendere sempre più in salita la vita dei poveri cristi ( la maggior parte ) che ogni giorno si barcamenano in una società sempre più schizofrenica ed incomprensibile.
Esiste poi qualcuno che oltre i 70 anni passa la sua pensione sulle spalle degli altri, raccontando barzellette.
Alfonso della Mura
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