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Mar 16, 2021 Lifestyle, Società
Dopo la strage di piazza Fontana scrisse un editoriale duro ed inequivocabile dal titolo: «Non s’illudano». In quest’articolo, Italo Pietra smonterà subito le false piste che attribuivano la strage agli anarchici, piste preparate ad hoc negli uffici della Questura di Milano. Subito dopo il ritorno del centrodestra al Governo, fu costretto alle dimissioni, essendo il quotidiano passato concretamente in mani democristiane.
Era stimato all’estero. Era diventato un personaggio noto in tanti paesi, basti pensare ad articoli dettagliati di vari giornali stranieri, come quello dedicatogli dal The New York Times il 6 settembre 1991, dal titolo “Italo Pietra, Ex Partisan Commander.”
Su di lui hanno scritto tanti articoli e pubblicato numerosi libri, ne cito solamente alcuni: Due partigiani in redazione, di Bernardo Valli, l’Espresso, 29 settembre 2019; «Un giardino di Pietra nel nome di Italo, dopo Montanelli, Fallaci e Cederna, Milano dedica uno spazio verde al direttore de Il Giorno, partigiano e giornalista», di Antonio Armano, il Fatto Quotidiano, mercoledì 8 aprile 2015 ; Italo Pietra. di Giorgio Bocca, Repubblica, 10 luglio 1997; La fine è il mio inizio di Tiziano Terzani; Piazza e museo dedicati a Pietra, Corriere della sera, 18 novembre 2007; La lezione di un giornalista, Italo Pietra, da signore di campagna a combattente per la libertà, in Corriere della Sera, 4 luglio 2011; Le molte battaglie del comandante Edoardo, in Italo Pietra: 1911 – 2011, Vittorio Emiliani, edizioni Guardamagna 2012.
Ha lasciato una ricca collezione dei suoi libri alla Civica Biblioteca Ricottiana di Voghera (oltre 3200 volumi) e all’Università di Pavia (3400 volumi, oggi conservati presso la Biblioteca di Studi Umanistici dell’ateneo pavese). I libri contengono testi collegati alla sua attività giornalistica, alla storia del Ventesimo secolo e alla lotta partigiana, alla storia del nazismo e del comunismo, alle politiche colonialiste. Altri libri riguardano l’analisi sulla politica interna ed internazionale italiana, in particolare quella mediterranea e diversi documenti sull’agricoltura, un settore che lo interessava come vero esperto.
Nel 1983 mi trovavo sul palco delle autorità, nel comune di San Sebastiano Curone. Ero poco distante dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, intervenuto per inaugurare il monumento a Marco, un comandante partigiano che aveva operato nelle valli alessandrine, poi ucciso a Casteggio il 26 aprile 1945 nell’attacco finale ad una fortificazione tedesca. Pietra era l’oratore ufficiale della manifestazione. Un funzionario del Quirinale, mostrando alcuni fogli, era visibilmente preoccupato, si era avvicinato a Pertini, esponendogli notevoli perplessità sul tono accusatorio del discorso che Pietra si apprestava a svolgere. Ho sentito Pertini rispondere decisamente e con gesto inequivocabile: “Italo può dire quello che vuole”. In effetti, Italo Pietra fece un discorso durissimo contro la corruzione che albergava nel nostro paese, paragonandola alle frane che disastravano le nostre colline.
Nel 1986 l’amico Paolo Montagna, capo ufficio stampa dell’Automobil Club Italiano e Sindaco di Casteggio, mi aveva invitato nella sua casa di Milano, dove avevo trovato Italo Pietra, insieme all’ora corrispondente del Corriere della Sera a Mosca, Gigi Moncalvo, al Vice Presidente della Regione Lombardia, Ugo Finetti ed al mio collaboratore in Provincia, l’economista Rodolfo Jannaccone Pazzi. La riunione aveva lo scopo di convincermi ad assumere la guida del Partito Socialista Pavese (cosa che avverrà due anni dopo, in seguito alla costituzione delle giunte DC – PCI). Pietra, dopo i saluti iniziali, mi spronava a impegnarmi in prima persona nella guida del partito, ironizzando sui principali esponenti socialisti pavesi, chiamati con nomi di antiche monete, evidenziando, con questi epiteti, i loro comportamenti a fini di lucro. Con lui ho parlato a lungo, durante la serata, di molti personaggi politici, di amici comuni del nostro territorio, del gruppo dei suoi partigiani mandati da Milano a Dongo per catturare Mussolini, di storia locale, di qualche partigiano che, inizialmente, simpatizzava per le Brigate Rosse, di agricoltura e, anche, della Juventus, avendogli assicurato che anch’io ero juventino.
Sapevo che Pietra era un accanito tifoso juventino. Famose le sue frasi: “La Juventus non è soltanto una squadra di calcio, ma un modo di intendere la vita”; “lo stile Juve è come l’amore e la tosse: non si può nascondere”. A tale proposito, i giornalisti presenti alla serata mi hanno raccontato una vicenda curiosa. Pietra voleva fortemente diventare allenatore della Juventus, in un momento critico della squadra, in crisi di gioco e per questo motivo aveva, a lungo, assillato l’avvocato Gianni Agnelli, che intendeva queste ripetute richieste del giornalista come battute. Pietra si era molto arrabbiato con l’avvocato per queste considerazioni, convinto di capire moltissimo di calcio e di essere l’unico in grado di rilanciare, come allenatore, la squadra torinese. Agnelli, allora, aveva pensato di soddisfarlo inviandogli un grande quadro di pregio. Pietra aveva ringraziato, ma aveva affermato, ancora una volta, la sua volontà di voler allenare la Juventus, essendo sicuramente in grado di risolvere i problemi della squadra calcistica.
Morì dopo lunga malattia nel 1991 a Ponte Nizza, suo paese di residenza, dove il Comune gli ha dedicato una piazza e un museo.
Volle essere sepolto nel piccolo cimitero appenninico della frazione di Pizzocorno, dove mi sono recato, per alcuni anni, nell’anniversario della sua scomparsa, invitato dal dirigente dell’Ufficio Cultura della Provincia di Pavia, Paolo Pulina, che aveva organizzato la visita insieme ad un gruppo di esponenti dell’A. N. P. I. tra i quali, il vogherese Cesare Pozzi, (nome di battaglia Fusco), comandante della Brigata Matteotti durante la Resistenza.
Di fronte a quella modesta sepoltura, in quel cimitero di montagna, mi sono tornate alla mente le trasmissioni televisive della RAI, curate da Gianni Bisiach, dove Italo Pietra e Sandro Pertini percorrevano Milano in macchina, rievocando i giorni della Liberazione, gli ultimi scontri, Piazza Loreto. Ho rivissuto i momenti della sua foga oratoria durante le manifestazioni provinciali antifasciste e la commozione che traspariva in lui durante la celebrazione dell’anniversario della Repubblica partigiana di Varzi, oppure mentre raccontava la dura vita quotidiana dei partigiani sui monti. Ho ricordato le sue lucide e preveggenti analisi politiche, le conversazioni sulla storia locale, i miei straordinari incontri con questo grande personaggio della nostra storia repubblicana.
Carlo Bolognesi
Sociologo
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