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Apr 29, 2020 Arte & Musica, Cultura
Era una figura esile. Aggraziata, come le peonie che amava dipingere. Nel linguaggio dei fiori si dice che la peonia indichi timidezza e vergogna e, per uno scherzo del destino fu proprio la vergogna ad accompagnarla per buona parte della sua vita. Non perché questo ‘marchio di Caino’ fosse giustificato, ma perché Na Hye-sok fece scelte così coraggiose di cui pagò personalmente le conseguenze.
Nata il 28 aprile del 1896 da una famiglia della classe media, è la prima pittrice professionista in Corea e una delle prime artiste orientali ad avere fama in Occidente. Studia e viaggia all’estero nei primi anni del 1910, quando lo status dell’essere donna in Corea è a malapena riconosciuto. È stata una figura intellettuale scomoda, da nascondere e gettare nel dimenticatoio, ma nel 2000 il Seoul Arts Center ha deciso di dedicarle una mostra come riconoscimento per aver aperto la strada all’arte moderna e alla letteratura nel suo paese.
Ebbene sì, Na Hye-sok si applicò con successo anche alla scrittura.
Schietta sostenitrice della parità dei diritti per le donne, il suo debutto letterario è Kyeong-heui, un racconto pubblicato nel 1918, la cui protagonista nella difficile ricerca del significato della vita, gradualmente scopre se stessa come donna nuova, artefice del proprio destino e libera di scegliere. È la prima opera femminista a denunciare la mentalità patriarcale della cultura coreana e ad aprire la strada alle future scrittrici coreane moderne.
Ribellandosi e rifiutando l’offerta di matrimonio organizzata dalla sua famiglia, inizia ad essere indipendente lavorando come insegnante.
Conosce Ch’oe Sung-gu (1892-1917), editor del magazine Hakchigwang e se ne innamora, ricambiata. È un amore felice destinato a non durare: nel 1916 Ch’oe si ammala di tubercolosi e muore: per Na è un duro colpo che le porta una temporanea crisi mentale.
Non si arrende. La sua battaglia per le donne coreane la riporta in vita: “Non è questo il momento che le donne coreane siano veramente esseri umani? Non dovremmo diventare donne vere? In America le donne sono donne nel vero senso della parola perché esercitano la ragione e la filosofia, le donne francesi sono tali per la loro scienza e per le loro arti, e le donne tedesche, per il loro coraggio e il loro duro lavoro. Allora, non è arrivato il tempo per noi di fare ora i nostri primi passi come donne vere? La nostra sventura è troppo profonda”.
Nel 1920 Na fonda con alcuni amici la rivista letteraria P’yeho, ed inizia a pubblicare una serie di articoli anche per il magazine Sinyeoja (Donna nuova), dove critica il tradizionale abbigliamento femminile coreano, imposto, e sostenendo la necessità di abiti più funzionali e pratici per le donne. Inoltre, scrive delle sue idee progressiste sul matrimonio, basate sull’amore libero, e sul diritto a nuove nozze per le vedove. Si sposa con Kim Woo-Young, avvocato ed amico di famiglia, che l’aveva tirata fuori dal carcere dove era stata portata nel 1919 per aver manifestato contro l’occupazione giapponese.
Nel 1921 inaugura una propria mostra d’arte alla Galleria No-Chung Gak: è la prima esposizione di una pittrice a Seoul, e nel 1927 parte insieme al marito per l’Europa. A Parigi si innamora del fauvismo, movimento d’avanguardia caratterizzato dall’uso «selvaggio» del colore, ma l’esperienza all’estero le risveglia quel senso di libertà innato. Conosce Choi Rin, un seguace della religione ceondoista, con il quale ha una relazione (presunta) e nel 1931 il marito le chiede il divorzio per infedeltà. La sentenza del tribunale toglie a Na la custodia dei quattro figli e le proprietà acquisite con i guadagni delle sue mostre. È priva di ogni mezzo di sussistenza, l’amante l’ha abbandonata e scopre anche che l’ex marito si è risposato, violando l’accordo che stabiliva che nessuno dei due avrebbe potuto risposarsi prima di due anni dal divorzio. Lo cita in giudizio ma né la legge, né i familiari sono dalla sua parte. Di nuovo, non si arrende.
Na continua a dipingere. Sbarca il lunario scrivendo articoli per giornali e riviste e, nel 1934, pubblica Confessione di Divorzio, un lungo articolo, scritto in forma di lettera e destinato all’ex-marito accusato di non averla soddisfatta sessualmente e di essersi rifiutato di discuterne, e nel quale critica la repressione della sessualità femminile. Inoltre, sostiene la necessità del ‘matrimonio di prova’, un antenato della più moderna convivenza, durante il quale una coppia dovrebbe vivere insieme prima di sposarsi, per evitare il ripetersi della sua unione infelice.
Ha osato troppo. La Confessione è la causa della sua rovina. Le sue idee moderne si scontrano con la cultura confuciana per la quale il sesso prematrimoniale è considerato un tabù e alle donne è assolutamente vietato parlare di sesso.
Per sopravvivere si ritira nel monastero buddhista di Sudeoksa, ma la vita monastica non fa per lei. Na appartiene al mondo: “Ero un uccellino fragile che è stato ucciso dalla società. L’uccellino tremava dal dolore e sbatteva le sue ali nel disperato tentativo di rimanere vivo. Alla fine ha perso la voce ed è diventato indifferente. Tuttavia potrebbe ancora essere vivo. Potrebbe star solo preservando le forze e il coraggio per volare indietro ancora”.
Purtroppo l’uccellino non volerà più. Lo stress fisico e psicologico degli eventi negativi che ne hanno caratterizzato la vita ha la meglio e Na si ammala: muta e paralizzata nel 1944 trova ricovero in una casa di riposo e l’anno successivo in un ospedale per senzatetto.
Muore il 10 dicembre del 1948 in completa solitudine dimenticata da tutti. Non si conoscono né la causa della morte, né il luogo in cui è sepolta.
“Miei carissimi figli, vi prego di non incolpare vostra madre. Vostra madre è stata una pioniera della transizione della nazione in una nuova era. Sono vittima della feroce disapprovazione della società tradizionale coreana che ha rifiutato di accettarmi così come sono. Quindi non piangete me, ma piangete la società che mi ha freddata. Vi sto lasciando ancora con desideri nel cuore. Una volta cresciuti, vi prego di venire a visitarmi alla mia tomba, confortate la mia anima, e realizzate il mio desiderio perduto”.
Solo alla fine degli anni ‘90 Na fu riabilitata dagli intellettuali coreani e infine dallo stesso governo del suo paese. Na Hye-sok è stata una studentessa brillante, una donna di straordinaria originalità, abilità e determinazione, con una passione per la pittura e la scrittura che l’hanno resa un’icona dei suoi tempi. Non fu fortunata, ma ha lasciato oltre trecento dipinti ad olio per serbare il suo ricordo.
Giovanna Scatena
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