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Feb 18, 2010 Cosa bolle in Pentola
La polemica è continua, accesa e a noi sembra, sterile.
Una sterilità non dovuta al fatto che questo problema non esista, che non sia condiviso da molti e che, allo stesso tempo, non crei situazioni di reale disagio ai giovani e non solo.
Ne hanno discusso recentemente il ministro Brunetta e il Giuslavorista Piero Ichino e, di rimando, anche il giornalista Severgnini.
Oggi per un giovane, un contratto di lavoro regolare, “vecchio stile”, non esiste.
Che cos’è questo tipo di contratto così agognato da moltissimi e di cui, pochissimi, ne sono titolari?
E’ il contratto a tempo indeterminato che garantisce: ferie, indennità di malattia, maternità eccetera, regolarmente retribuite ed è un tipo di contratto, legato a doppio filo allo Statuto dei Lavoratori del 1970.
In un passato, neanche troppo recente, era una prassi consolidata nel mondo del lavoro, a prescindere dal settore professionale in cui eri impiegato.
Oggi, è una tipologia di contratto che rischia, davvero, l’estinzione. Soprattutto nel settore privato.
Nell’ambito pubblico, invece, esiste ancora una riserva di giovani che sono, per loro fortuna, assunti nello Stato, con contratto a tempo indeterminato.
Vivono in un’oasi di tranquillità, sereni e, loro malgrado, inconsapevoli di cosa sia davvero questa crisi economica che ci affligge.
Altri giovani invece, al di fuori dell’Oasi, dopo aver collezionato lauree di I livello, lauree specialistiche, master, stage, conoscenza di diverse lingue straniere, si ritrovano di regola senza retribuzione alcuna anche a 35 anni o, se va meglio, costretti a doversi inserire nel mondo del lavoro con una paga, se va bene, di 600 euro al mese.
Costretti ad avere genitori sempre più chioccia, insieme ai nonni, nominati d’ufficio, loro salvagente economico.
Vista l’impossibilità di pagarsi, in maniera autonoma, un affitto, un mutuo e una vita realmente dignitosa e indipendente da mammà.
Bamboccioni per colpa dei genitori, questi ultimi troppo tutelati in passato e così, oggi, i loro figli ne pagano le conseguenze, così come dichiarato dal ministro Brunetta?
Come sempre la verità potrebbe essere davvero nel mezzo.
Infatti, quanto occorre ad un’impresa, dopo un ragionevole periodo di prova ( 6 mesi, 1 anno ) per proporre finalmente un contratto di lavoro che si rispetti?
Tutta questa flessibilità ha portato troppo potere alle imprese e quasi nessuno a chi lavora.
Come afferma Severgnini, se le imprese oggi, rifuggono il contratto a tempo indeterminato come la peste bubbonica, è per il motivo che risulta essere un modello eccessivamente protettivo nei confronti dei dipendenti. Questo ha portato, oggi, a strumenti fin troppo flessibili adottati dalle aziende, dove chi lavora può arrivare a non vedersi neppure riconosciuti giorni di malattia o di ferie, per non parlare ovviamente della maternità per le donne.
Ti pago se lavori, i reali giorni lavorati. Un estremo preoccupante.
Nonostante tutto perchè le riteniamo polemiche sterili?
Perchè, oggi, a nostro avviso, tanto si parla e poco si fa. Questo tema così delicato e, di cui abbiamo già trattato in passato proprio su questo giornale, sarà ancora fonte di interminabili dibattiti e sterili discussioni che porteranno ad una pochezza di risultati davvero disarmanti. Alla prossima puntata.
Norman di Lieto
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