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Feb 28, 2010 Terza Pagina
Non è abitudine del nostro Magazine pubblicare recensioni, in qualsivoglia campo della cultura e dello spettacolo. Facciamo un’eccezione per una mostra da vedersi tout court, con protagonista un creatore di poesia e verità.
Il fotografo non è solo un esploratore del mondo, è un esploratore delle emozioni…..Steve McCurry incarna alla perfezione questa definizione e lo dimostra nella sua prima personale in Italia, presentando gli scatti che, negli ultimi 30 anni di attività, gli hanno permesso di aggiudicarsi due volte l’ambìto World Press Photo Award, il premio Nobel della fotografia. Classe ’50, nato a Philadelphia e cresciuto con la passione per il cinema, dalla realizzazione di documentari si converte molto presto alla fotografia, strumento più diretto, più immediato, più dinamico. La svolta per la sua carriera avviene con il suo primo viaggio in India, importante lavoro di due anni. In seguito con l’Afghanistan iniziano le collaborazioni prestigiose con Time, Life, Newsweek, Geo e National Geographic. Membro dal 1985 dell’agenzia Magnum, per McCurry il viaggio sarà sempre la sua dimensione ideale, in cui meglio esprimerà la sua vena di indagatore del mondo.
Sud-Est, il titolo della mostra, è un omaggio allo stretto legame che McCurry ha con questa parte del mondo. La mostra ripercorre, documentandoli per immagini, una serie di eventi che appartengono alla nostra storia recente, e che McCurry ha potuto vedere da vicino grazie al suo lavoro di fotoreporter. Ma sarebbe riduttivo limitarsi a definirlo un riproduttore fedele della realtà, le sue foto sono in effetti un diario di un viaggio di cui McCurry ha saputo cogliere particolari sui quali il nostro occhio difficilmente si sarebbe soffermato: gesti, sguardi che vanno al di là del puro rappresentare la realtà in modo oggettivo, per evocarne una straordinaria anima soggettiva.
Questa realtà colpisce lo spettatore in tutta la sua magia anche grazie alla forza dell’allestimento dello spazio espositivo, strutturato come un percorso libero in cui lo spettatore può muoversi a suo piacimento tra una serie di immagini che, appese su teli trasparenti, sembrano materializzarsi dal nulla davanti agli occhi dei visitatori. Il percorso è articolato in metaforici alberi tematici, i cui rami lasciano piovere, sospese in questa foresta simbolica, le istantanee di ritratti e scenari rapiti dall’obiettivo. Portraits è l’occasione grazie alla quale il fotografo fa conoscere al pubblico i suoi celebri ritratti; profondi e pieni di dignità, essi ci permettono di conoscere l’Altro, sottolineando la dignità della figura umana, invitandoci a riflettere sul senso di appartenenza, identità e accoglienza fra le culture e le civiltà. Anche la sezione Silence and travel, mostra una serie di immagini che vogliono portare all’incontro/confronto con la diversità; lo fa presentando scene di tradizioni culturali tipiche, riti di preghiera, feste, purificazioni nelle acque del Gange.
La guerra è realtà tristemente spesso nota ad un fotoreporter, e, sicuramente, l’immagine che negli ultimi 10 anni per tutti è emblema della guerra, è l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001. Steve McCurry tornava da un viaggio in Tibet il 10 settembre 2001; il giorno dopo, dalla finestra del suo studio di New York, assisteva alla distruzione delle Torri Gemelle, immortalando questa tragedia in una serie di fotografie che lasciano senza parole. Accompagnano questa galleria dedicata al conflitto immagini di pozzi in fiamme durante la Guerra del Golfo, di abitazioni distrutte e di carri armati. McCurry racconta efficacemente la guerra soprattutto ritraendo i bambini, vittime inconsapevoli di un disegno più grande di loro, raffigurati qui con delle armi tra le mani, come a dire che la guerra sottrae loro l’infanzia.
Alla sezione Joy and life è affidato il compito di portarci fuori dalla triste dimensione del conflitto. Le fotografie di McCurry immortalano scenari di allegria, intensità di colori, vita che scorre e fluisce. Sono scene che inneggiano alla vita; e la vita nega la morte.
Chiude la mostra Beauty, un trittico di immagini, una delle quali è il celebre scatto della bambina afgana dagli occhi verdi, diventata ormai un’icona della fotografia contemporanea, e da due altri ritratti (una studentessa afgana con i libri in mano e una ragazza pakistana con uno scialle verde), moderne madonne, icone femminili del nostro tempo.
Dopo oltre tre mesi dalla sua inaugurazione ed un’affluenza di pubblico che supera i 100.000 visitatori, Sud Est si conferma mostra dell’anno e prolunga la sua permanenza fino al 21 di marzo per consentire la visita ad eventuali ritardatari.
Barbara Pellegrini
Palazzo della Regione
Piazza Dei Mercanti 1 – Milano
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