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Dic 12, 2016 Attualità, Italia
Foto da romafaschifo.com
Roma, dal corrispondente
C’è una sottilissima linea rossa che segna la differenza tra spreco e necessario. È una linea molto sottile, quasi impercettibile che si mostra a chiunque abbia la voglia di cercarla e l’intelligenza di vederla.
La sua natura effimera è data dal fatto che muta in base alle condizioni entro cui si muove e all’argomento cui si applica; non è un dato assodato ma in continuo cambiamento.
Il dibattito politico degli ultimi anni si è spesso concentrato su questo tema e alcuni partiti più di altri hanno cavalcato l’onda per mostrare le incoerenze di quanti non riuscivano a vedere gli sprechi laddove erano – e sono tuttora – palesi e dimostrabili.
Crociata nobile e giustificata.
C’è poi il risvolto della medaglia. Come accade spesso, le migliori intenzioni, quando non adeguatamente gestite e svestite di ogni paternità, naufragano nel mare del proprio ego e perdono la misura della logica per irrompere nel campo dell’irrazionale.
Caso emblematico è quello occorso a Roma.
Le casse della capitale sono ormai per loro stessa natura, quasi fosse scritto così nelle Tavole della Legge, in perenne rosso. Gli sprechi non sono quantificabili e le condizioni della Città Eterna gravi come abbiamo più volte scritto.
Un check and go era e resta necessario per la sopravvivenza della città. Più controlli e tagli in quegli ambiti non necessari, che sottraggono risorse ai servizi sociali che una capitale europea ha il dovere di mettere a disposizione di cittadini e turisti e che oggi, al contrario, latitano tristemente.
Questi buoni propositi, però, più volte annunciati dal neo sindaco, hanno il dovere di tenere in altissima considerazione la famosa linea rossa di cui parlavamo poco sopra. Pena la messa in ridicolo di un’intera città oltre che della stessa figura del Primo Cittadino.
A questo punto, se vi starete chiedendo a cosa stiamo facendo riferimento, significa che con ogni probabilità non avete ancora avuto modo di posare lo sguardo sull’albero di Natale montato a Piazza Venezia e presentato con tanto di foto sul profilo Facebook del Comune di Roma.
Indegno.
Non l’albero, che si legge nel post essere un abete di 20 mt, ma l’addobbo scelto che addobbo non è.
Partiamo dal presupposto che un albero di Natale posto in una piazza centrale di un qualsiasi luogo dovrebbe essere:
Partendo dal primo punto per arrivare al terzo, ci si ritrova in una valle di lacrime.
L’albero è più vicino ad un abete colpito da un nubifragio. Si intuisce che sia riferito alle festività natalizie solo per via del periodo e delle luci che scendono svogliate. Nulla di caratteristico né di minimamente artistico che possa giustificare quell’1% di batteria necessario allo smartphone per scattare una foto con flash. Per quanti se lo stessero chiedendo, la risposta è no, non ci sono palle né addobbi sostitutivi. Niente. Zero.
La domanda è lecita: perché?
La risposta è nel post di presentazione dal quale si apprende come il tutto sia improntato all’austerità. L’albero è stato donato, la luce la paga ACEA, la base ce l’ha messa una società di settore e le operazioni di montaggio e smontaggio saranno “espletate in economia dal personale Servizio Giardini”.
Adesso, con tutta la buona volontà che si possa mettere in campo per non criticare inutilmente chi svolge un lavoro delicato come quello di sindaco, ma davvero Roma merita una cosa del genere?
L’esasperazione di un messaggio porta con sé l’estremizzazione dello stesso. Il risparmio fine a se stesso è inutile se non dannoso soprattutto se non tiene conto delle conseguenze in termini di immagine per una città a vocazione turistica come Roma.
Il sindaco ha il dovere di tenere a mente questi aspetti come il fatto che una cosa fatta male è uno spreco peggiore della medesima cosa fatta con criterio, anche se ad un costo leggermente maggiore.
L’alternativa è non fare niente, tattica sicura per risparmiare e per tornare a casa fra quattro anni.
Luca Arleo
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