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Mar 15, 2010 Attualità, World Wide
Reportage da Il Cairo
Una domanda mi sorge spontanea: ma chi me l’ha fatto fare? Non c’è nessun telefilm su missioni o roba del genere, bè, a parte qualche puntata di ER, ma ormai io sono votata solo a Grey’s Anatomy. E allora.. non so, qualcosa mi ha spinto ma quel qualcosa è assente ora e vorrei tornare a casa, prendere un aereo e stendermi su una spiaggia meravigliosa con un braccialettino all inclusive al polso. Ma mi sembra una prospettiva poco probabile ormai, anche perché ci siamo, sto atterrando al Cairo. E’ tutto buio e quindi non so se le piramidi siano visibili dall’alto. Quello che vedo, sono una miriade di luci che si estendono a vista d’occhio e questa, devo riconoscere, non assomiglia all’idea di deserto che mi ero fatta.Va bene che siamo sulla capitale, ma quanto è grande?!
Le operazioni di sbarco e controllo passaporti risultano infinite, mi hanno chiesto cosa trasportavo e tastato la valigia, rigida tra l’altro, almeno sette volte. E ancora, prima di uscire da quella che dovrebbe essere l’area interna, già 3 persone mi avevano offerto un passaggio. Taxisti suppongo… ma vai a saperlo. Per fortuna che Jorge mi aspettava proprio fuori, unico viso più pallido ed europeo.
Il nostro taxi era una peugeot del 15-18, indefinibile il modello, ma funzionante. Il taxista, che in realtà è quasi assunto come autista per queste occasioni, non sapeva arrivare alla casa dei Comboniani a Helwan, così ho avuto modo di vedere subito un po’ le strade e le persone. Alle 5 di mattina potevamo chiedere indicazioni a ragazzini di 10 anni che giocavano o chiacchieravano seduti per la strada. Praticamente tutti i negozi o meglio, le bancarelle, erano aperte. Sembra che la gente tenda a dormire più il mattino che la notte. Tutti a parte il simpatico militare con mitra, vestito come i colonialisti inglesi, davanti al nostro cancello. Lui sì che dormiva, ma in ogni caso non so se sarebbe in grado di difenderci se davvero qualcuno volesse far saltare per aria la comunità. Devo davvero smetterla di pensare alla vita come a un film americano. Forse avrei dovuto lasciare a casa quell’unico vestito elegante nero con scarpette col tacco coordinate. Immagino che non ci sarà nessun ballo all’Ambasciata, nessuna macchina anni ’50 perfetta e cromata che mi verrà a prendere e nessuna serata mite a stupirsi della luna sulla terrazza di quella stessa ambasciata. Anche se in effetti si vedono molti edifici in stile coloniale, ormai abbandonati o completamente rovinati. Rimangono lì a ricordare il tempo in cui Helwan era un ricco centro termale, appena più di mezzo secolo fa, con strade larghe e pulite e filari di palme e palazzi sontuosi. Dicono che la costruzione della diga si Aswan abbia cambiato il clima e portato molta più umidità anche qui. Chissà cosa ha rovinato tutto il resto, chissà come ha fatto una civiltà che ancora ispira leggenda e storie e ancora è piena di misteri a ridursi così.
Ora mi aspettano problemi più pratici, come imparare a dormire facendo la sauna in attesa che mi aggiustino l’aria condizionata e capire se l’acqua filtrata vada bene o no per me. ( continua…)
Federica Adamoli
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